venerdì 24 luglio 2009

Il virus si espande (dalle Alpi alle Ande)


Uno dei tanti film che per il sottoscritto ha un grande valore storico e sentimentale è senza dubbio Cabin Fever di Eli Roth. Il debutto del pupillo di David Lynch (nel periodo in cui uscì, ora lo è di Tarantino) mi folgorò nella lontana estate del 2003 e ricordo che lo guardai in anteprima, quindi prima dell'uscita ufficiale a settembre, in una sala all'aperto.
La serata fu indimenticabile e ho ancora ben impresse nella mente le reazioni di sgomento e shock di alcuni spettatori ( tra i quali c'era un adulto rimasto letteralmente a bocca aperta, non si sa se per lo stupore o per altro, ad ogni modo era così assorto nella sua visione che il suo bibitone gli stava letteralmente cascando dalle ginocchia). Sarà stata la noia per la mancanza di eventi rilevanti durante la mia estate o il digiuno prolungato da horror, o ancora il fatto che in quegli anni il mio interesse per il genere stava gradualmente crescendo, ma risento ancora della Febbre della Cabina e, merito di una memorabile campagna pubblicitaria, il film mi aveva letteralmente contagiato. Molto prima del giorno dell'anteprima avevo letteralmente imparato a memoria il trailer, furbo e non spoileroso perchè faceva invero credere, lasciando il beneficio del dubbio, che non si trattasse del solito slasher con i classici omicidi a catena anche se ben poco si capiva di che tipo di orrore potesse trattarsi. Così recitava il trailer:

C'è un assassino nel bosco,
che non puoi sentire,
che non puoi vedere,
a cui non puoi sfuggire.

Alla resa dei conti, rimasi molto affascinato dall'idea di Roth: tolti di mezzo gli assassini incappucciati che avevano rotto le balle, aveva avuto la bella pensata del virus dalla provenienza ignota. Non che fosse uno spunto originalissimo, anzi si poteva a pieno diritto considerare un dignitoso ripescaggio dai temi horror anni 80, ma personalmente fu una vera e propria boccata d'aria fresca, ed era bello assistere agli effetti imprevedibili a cui conduceva una simile scoperta tra i giovani protagonisti. In più il film era intriso di un citazionismo intelligente, un omaggio sentito e sincero alle pietre miliari del genere senza mai arrivare al plagio: un chiaro segnale che, il regista, l'horror ce l'aveva nel sangue fin da piccolo. Senza dimenticare le bella fotografia di cui era dotato che rendeva ancora di più il senso di film horror d'annata.
Questo breve ponte serviva per introdurre, in pompa magna, l'attesissimo (almeno da me) sequel diretto da Ti West intitolato Cabin fever: Spring Break che dovrebbe uscire o entro il mese di settembre o in concomitanza con la giornata di halloween(incrocio le dita per settembre). Il regista di questo secondo capitolo viene definito da molti come un raccomandato: è una personalità molto spesso sulla bocca di tutti e i suoi film sono sempre molto pubblicizzati, sebbene non reggano alla visione vera e propria. Di West io sono riuscito a vedere solo Trigger man che vuole un pò essere come l'Elephant di Gus Van Sant in salsa horror. Narra di un gruppo di cacciatori di selvaggina che di colpo diventa il bersaglio di un cecchino appostatosi in un vecchio edificio. Non malaccio ma nemmeno esaltante: non riesco a tollerare tutti quei silenzi prolungati. Comunque si deve ammettere che il nuovo regista ha invero un tocco anarchico alla Roth tant'è vero che si potrebbe considerare come un fratello d'arte.
Come anticipato dal titolo di questo intervento, nel sequel assistiamo all'espansione del virus protagonista del capostipite tramite la distribuzione di alcune bottigliette d'acqua destinate all'abbeveraggio di un ballo scolastico di fine anno. La svolta si può dunque già intravedere con la scelta di un nuovo contesto in cui si svolgeranno gli eventi. Il nuovo luogo non può che far rievocare alla mente il famoso Carrie di Brian de Palma, che concentra tutta la sequenza più catastrofica e violenta proprio nell'ambiente scolastico, e meno il soporifero Prom Night con Jamie Lee Curtis del quale riserbo il ricordo di grandi dormite. Altri punti d'interesse sono i già confermati ritorni di due personaggi focali del primo: il poliziotto della baldoria Winston ( interpretato da Giuseppe Andrews, visto anche nel remake di 2001 Maniacs) e Paul (Rider Strong) che ritroviamo in fin di vita sulla riva del torrente contaminato, buttato come una scarpa vecchia. Il film ha avuto una gestazione piuttosto complessa che si è prolungata a dismisura per via di vari problemi sorti tra la produzione e il regista in fase di post-produzione che hanno quasi spinto quest'ultimo a rinnegare la sua opera perchè aveva subito troppe modifiche. Insomma il film non nasce sotto i migliori auspici e dobbiamo fidarci dei produttori, sperando che le loro scelte non abbiano influito troppo sulla spirito originale del lungometraggio. Io tengo le dita incrociate perchè è davvero uno dei pochi horror che aspetto per questa seconda metà del 2009.
LASCIATEVI CONTAGIARE PER LA SECONDA VOLTA.


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