lunedì 20 settembre 2010

2x1: Adrenalina "on the rocks"

E' passato quasi mezzo anno dall'ultimo 2x1, tanto che si poteva reputare come una rubrica ormai deceduta o decaduta, almeno a vederne la non-frequenza su questi lidi, invece posso dire con sollievo che "a volte ritornano" e se il nuovo appuntamento si è fatto attendere a lungo è perchè i film inerenti, ma soprattutto all'altezza, all'argomento che avrei voluto trattare tardavano ad arrivare.
Infatti da ora in poi voglio che questo spazio non sia più regolato dalla casualità, bensì da precise scelte tematiche, in cui cercherò di approfondire gli aspetti più socialmente rilevanti delle pellicole. Se lo scorso appuntamento ci eravamo lasciati con un sorriso prestampato per via dell'ironico trait d'union del materiale preso in esame, stavolta si ritorna sui binari della serietà con un binomio all'insegna dell'estremismo giovanile, tendente a farsi un baffo delle regole ma anzi a godere dell'atto stesso della violazione. Considerando la generale vacuità delle opere che ci vengono propinate con frequenza, è stata una fortuna trovare un filo conduttore in due film visti uno di seguito all'altro, occasione preziosa per intravedere la direzione che sta percorrendo l'odierno horror adolescienzale (con fascia d'eta che va dai 18 ai 30 anni) , categoria rinnovabile e in gran fermento, almeno per chi non è fermamente convinto che il genere oggi faccia solo rima con tortura. Nel dettaglio vedremo come le due opere siano particolarmente studiate dal punto di vista caratteriale e accomunate dalla caparbietà e dalla sfrontatezza dei rispettivi protagonisti, attributi che vengono confusi con l'intraprendenza e la determinazione, qualità da preferire per riuscire nei propri progetti di vita.

VERTIGE aka HIGH LANE di Abel Ferry (Francia 2009) - IMDB




















Scalate vertiginose, ponti pericolanti sospesi nel nulla, salvataggi di fortuna, paura incessante del vuoto: no, non è l'itinerario di un rischioso sport estremo e nemmeno il remake di Cliffhanger, bensì il programma a base di forti emozioni che è in grado di offrirvi questa opera prima francese. Ferry fa un esordio col botto ma non perchè sia riuscito ad inventarsi chissà che cosa o perchè abbia avuto qualche rivelazione di fatima, ma per la sua convincente propensione al rischio e volontà di complicarsi la vita, pur di valorizzare i suoi sforzi ed evitare di buttarli nella latrina delle mediocrità. L'audace regista non si culla nel suo ruolo privilegiato, non ama la comodità associata alla sua posizione, ma si butta anch'egli nel vivo dell'azione tanto che ci si chiede se lui stesso non sia un grande esperto di arrampicata a vedere certe temerarie inquadrature mozzafiato.
Ma tutta questa perizia tecnica, tutte queste abilità non sarebbero servite a nulla se non fossero state accompagnate da un considerevole impegno anche nella creazione delle tempre dei personaggi.


Questi infatti sono privi di irritanti fronzoli, reagiscono realisticamente alle situazioni di pericolo, a parte gli eccessi di impavidità dei ruoli femminili, e tra di essi è presente un elemento di disturbo che, oltre a minare la serenità di una coppia, offre anche l'occasione per una sottile sfida all'amante più virile.
Vertige, nonostante le tortuose vie di narrazione intraprese, rimane un horror a tutto tondo, una classica lotta alla sopravvivenza con una figura ostile, precisamente un taciturno eremita, particolarmente furiosa che non concede momenti di riposo e compassione per le sue prede. Quindi nulla di nuovo sotto il sole, ma sarebbe ingiusto abbassarlo allo stesso livello della concorrenza senza soffermarci sull'emblematica causa scatenante la serie di eventi. I protagonisti difatti di fronte ad un vistoso cartello di divieto posto all'inizio del percorso roccioso non vengono minimamente toccati dall'avviso di pericolo, piuttosto vengono spronati dallo stesso senza farsi scrupoli sul motivo per cui è stato affisso. No, loro sono talmente annebbiati dalla ricerca di adrenalina che il loro cervello non riesce nemmeno a immaginare quali insidie e sventure si celino dietro quell'insignificante avvertimento. Questa scena che potrebbe sembrare inverosimile, invece è stata resa con una tale efficacia da risultare paradigmatica per il comportamento di sfottò dell'attuale gioventù che ormai riduce le proibizioni istituzionali alla stessa stregua delle raccomandazioni genitoriali. Si tratta di una preoccupata visione dell'autore che lungi dall'essere paternalistica o risolutiva, lancia comunque un evidente segnale d'allarme. A questo punto arriva puntuale la giusta punizione per l'inottemperanza degli impudenti scalatori: la cima della montagna, bramata meta di sicurezza, si trasforma in un crudele terreno di caccia senza didascalie di accompagnamento.


Al pregevole quadro d'insieme si associa qualche mossa poco onesta per privare la conclusione di ogni positività, incoerenza questa che potrebbe infastidire chi conosce a menadito le regole del perfetto film slasher. Da segnalare infine, nella colonna sonora, Alright dei Supergrass , che diventa un azzeccato inno alla spericolatezza giovanile.
Insomma una pellicola che non sembra affatto provenire da un debuttante e che a livello tecnico pone nuovamente l'horror europeo ai vertici delle graduatorie qualitative. Si attende una conferma da parte del promettente cineasta.

GIUDIZIO FINALE: 7,5

FROZEN di Adam Green (USA 2010) - IMDB




















Green arriva alla terza prova, dopo il poco convincente Spiral, con energie rinnovate lasciando da parte i precedenti studi psicologici, sofisticati e lontani dalle sue abitudini, per ritornare ad un concept più semplice ma dalla grande attrattiva. Tre ragazzi rimangono bloccati su una seggiovia che avrebbe dovuto condurli su un percorso innevato dedicato a sport sciistici. La storia è tutta qui, nuda e cruda, senza alcun additivo e sofisma aggiunto a scopo di allunga-brodo.
In pratica Frozen è una parabola punitiva sull'essere viziati, è un muro che a velocità supersonica va a sbattere sul sorriso smagliante di chi crede di poter ottenere tutto ciò che vuole, di chi è convinto che il mondo sia una giostra senza tariffa e controllori da poter cavalcare quante volte si vuole.
Ma i personaggi non sono così opportunisti come li ho dipinti io, piuttosto calcano un pò la mano cercando scorciatoie e fregando il prossimo, forse perchè, troppo sicuri di sè, pensano di essere più intelligenti rispetto alla media. Probabilmente non l'ho capito nemmeno io il motivo perchè la loro attitudine risulti così fastidiosa ma con queste premesse sicuramente il lavoro di abbattimento sociale dell'autore risulta quanto meno più facile e riconoscibile.


Lasciati al loro triste destino e lontani da alcun supporto umano, i 3 "eroi" vengono spogliati dei loro vanti e delle loro certezze e rivelati nella loro reale fragilità e piccolezza. E' affascinante notare come in quella tragica circostanza salghino a galla tanti argomenti vitali (speciale il loro confronto su quale morte reale o inventata sia la peggiore) e diventino spontanei sinceri bilanci sulle proprie irrilevanti vite: avrei potuto fare quello, avrei potuto fare questo e via dicendo.
Insomma il regista si applica, basandosi unicamente sulla propria sensibilità, su un vero e proprio studio sociologico e lo contorna di tanti piccoli incidenti e sciagure. E' una vicenda che tocca il nostro io interiore perchè è difficile rimanere impassibili di fronte alla sentita esibizione dei protagonisti, capaci di tirare fuori il cuore dai loro ruoli e renderlo più pulsante che mai nonostante le temperature glaciali a cui sono sottoposti.
La battaglia per la vita loro la combattono in quei preziosi frangenti e ogni loro tentativo per salvarsi non è mai avventato e inutile perchè a prescindere dall'esito loro riacquistano comunque la loro dignità e umanità.



Preciso persino nella rappresentazione degli effetti derivanti da un progressivo congelamento, Frozen sprizza realismo da tutti i pori e si attesta come una dei pochi film da vivere intensamente durante questa seconda metà del 2010. Green ha senza dubbio ritrovato la retta via per essere riconosciuto nuovamente come un valido professionista.

GIUDIZIO FINALE: 8

Penso che ora sia inutile chiedere se si è capito il gioco di parole presente nel titolo...

2 commenti:

  1. Concordo pienamente con la tua recensione di "Frozen", piccolo capolavoro d'ambiente. "Vertige" non l'ho ancora visto, ma ne avevo letto bene anche Elvezio.

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  2. Sì Antonio, sono d'accordo.
    Forse hai un pò calcato la mano in quel "viziati" e nel fatto che in qualche modo vengano puniti per questo.
    In realtà il loro modo di prendere lo skipass mi è sembrata solo una scelta di sceneggiatura per allungare la parte iniziale, non credo volesse così caratterizzarli. E poi non fanno niente di male dai, se fossero questi i vizi delle nuove generazioni...
    Ciao!

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