domenica 17 ottobre 2010

2x1: Sognare o forse morire come i grandi

Non disdegnate storie che vedono per protagonisti marmocchi ficcanaso e più visionari degli adulti? Allora avrete interesse a recuperare i seguenti film, due rognose gatte da pelare che quasi si dilettano nel mettere in crisi lo spettatore e i suoi affidabili parametri di giudizio poichè mettono sullo stesso piatto tanti pregi quanti difetti e di conseguenza non permettono, con gran dispiacere, di essere magnanimi nelle valutazioni finali.



AFRAID OF THE DARK aka OCCHI NEL BUIO di Mark Peploe (Francia, Regno Unito 1991)

IMDB

Un bambino, che dovrà essere sottoposto ad un'intervento agli occhi nel tentativo di guarire da una sicura cecità, gironzola in un tranquillo vicinato londinese. Qui scopre l'esistenza di un assassino che uccide soltanto donne cieche.

Penultimo film di Mark Peploe, conosciuto per la sua sceneggiatura de L'ultimo imperatore di Bertolucci,  prima del suo abbandono al mondo del cinema avvenuto nel 1995, Afraid of the Dark è materiale strano, di ardua compresione, quasi inverosimile, ma non per questo da segregare nel dimenticatoio. La pellicola, che presenta contenuti prevalentemente thriller, si divide in due parti sostanziali: nella prima sembra un omaggio ai gialli di Dario Argento, con i suoi omicidi fuori dall'obiettivo anticipati da una discreta costruzione della tensione, questa ingrandita dall'innocenza dell'infantile testimone. Nel secondo e ultimo segmento, che è quello predominante, assume invece una connotazione psicologica e ancora più enigmatica: il confine tra realtà e immaginazione infatti si viene a perdere causando così confusione nei punti di vista creatisi precedentemente.



Giocando molto sul fattore attesa e imprevidibilità degli sviluppi, il regista sa come indurre attenzione per via dei contesti alienanti a cui dà vita: vedere una cittadina popolata quasi esclusivamente da gente cieca incuriosce a dismisura per proseguire nella visione. I cambi di registro tuttavia hanno l'effetto indesiderato di disgregare l'unità dell'opera e di rendere altamente incomprensibili le vere intenzioni del piccolo protagonista, il quale ha un'immaginazione fin troppo perfida per la sua età e un modo eccessivo di reagire alle proprie paure. Ne viene fuori un personaggio veramente sovraccarico di caratterizzazioni e di complessi che in ultima analisi non risulta granchè credibile e addirittura, come mi è parso di notare, non convince lo stesso imberbe attore che lo interpreta. Omogenea e competente è invece la regia che ruota esclusivamente attorno alle proiezioni del bambino e non concede spazio a visioni chiarificatrici degli adulti. Proprio questi vengono guardati con disprezzo, indolenti nei confronti dei bisogni e dei disagi del minorenne e perseveranti, finchè non si intravede una reale situazione di pericolo, nella loro operazioni di negligenza.


Vista la l'estraneità e la delicatezza dell'argomento, probabilmente non ci sarà mai dato di sapere quali sono le vere sensazioni di un bimbo che sta per perdere la vista, ma si può apprezzare comunque la particolare interpretazione dell'autore sulle fantasiose (pure troppo) invenzioni umane pur di compensare i deficit che ci renderebbero inevitabilmente diversi.

GIUDIZIO FINALE: 6.5

Se la mia recensione vi ha incuriosito, potete concedergli una possibilità cliccando qui.




LADY IN WHITE aka SCARLATTI, IL THRILLER di Frank LaLoggia (USA 1988)

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Frankie Scarlatti è un vivace ragazzino dalla fervida immaginazione, rimasto orfano della madre, che si diletta a scrivere mini racconti del terrore, apprezzati perfino dalla sua maestra di classe. Vista la sua passione per la materia oscura, due bulli decidono di chiuderlo nel ripostiglio della scuola per vedere fin dove si spinge il suo coraggio. Nel silenzio e nella solitudine in cui è stato forzatamente posto, inizierà a rievocare tristi ricordi e a vedere lo spirito di una bambina assassinata qualche anno prima nello stesso luogo.

Altro simil horror infantile, altro addio al cinema: in questo caso di LaLoggia, cineasta di origini italiane che, dopo un mediocre debutto nel genere con Fear No Evil, si redime in parte con questo Lady in white, rimasto nel cuore di numerosi ex-bambini spinti ad affrontare le prime paure collegate con il mondo dell'ignoto. Ambientato durante la festività di Halloween, il film non ci risparmia, visto il target di riferimento, i felici quadretti della ridente e perfetta periferia, in cui tutti, perfino un gruppo di cani, sono simpatici e fanno cose simpatiche e continuano così finchè il sole non tramonta.


Le prime ombre su questa falsa allegria fanno la loro comparsa proprio durante la notte, quando il protagonista non solo rimane vittima di un crudele scherzo da parte dei suoi compagni, ma subisce un atto di violenza da parte di un misterioso adulto, di solito esemplari di condotte virtuose. La rappresentazione di questa circostanza è tra i momenti più alti e più validi dell'opera, perchè non si affida a mezzucci visivi per renderla più drammatica, anzi è fonte di intensa e reale immedesimazione. Proviamo a pensare allo stato d'animo di un bambino costretto a passare per la prima volta una notte fuori casa, senza che nessuno sappia dove si trovi: è un pò come un'interiore e struggente fine del mondo causata dalla perdita delle poche certezze rimaste.


L'emozionante situazione sfortunatamente rimane un caso isolato che deve resistere ad una marea di difetti: inanzitutto la durata complessiva dell'opera (due ore piene!), la perdita di vista degli obiettivi prefissati che vengono sbrigati malamente negli ultimi minuti con soluzioni per nulla soddisfacenti. Nonostante la deprecabile tendenza alla dilatazione, Scarlatti presenta una regia e una fotografia allo stato di grazia, un miglioramento insperato rispetto al lavoro precedente. A non far spegnere completamente l'attenzione ci pensano le impreviste apparizioni di anoressici spettri, svuotati del rossore tipico dei sentimenti umani, perchè spogliati tragicamente degli unici affetti. Il lieto fine pone termine ad una visione faticosa che cade vittima delle sue stesse ambizioni, o forse è solo colpa nostra che da adulti diamo tanta importanza al tempo che dedichiamo alla nostra passione e non riusciamo più a tollerare incertezze nella sceneggiatura. Ad ogni modo sono sicuro che, nel caso di un' eventuale riscoperta, i ricordi positivi di chi l'ha visto da giovane non scompariranno totalmente.

GIUDIZIO FINALE: 6.5

QUI il link se avete pazienza e volontà di vederlo.

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